lunedì 25 maggio 2009

Un po’ di Storia non fa mai male: I Fratelli Govoni

Ogni tanto, quando ho un po’ più di tempo a disposizione mi diletto a tirare fuori dall’armadio ben custodito di una memoria cancellata, gli scheletri dei compagnucci rossi, quelli che stanno sempre con il ditino puntato contro il vituperato fascismo e la sua incombente minaccia, che aleggia sulle nostre capocce, ogni qual volta il centro destra vince alle elezioni. Un pericolo inconsistente come sanno bene gli italiani (e lo dimostrano alle urne) al contrario del pericolo dell’estremismo rosso, che ha prodotto vittime innocenti fino a pochi anni or sono (i poveri Biagi e D’Antona).Questa si che è una minaccia reale, che si può toccare con mano ad ogni adunata del fior fiore della gioventù comunista “dura e pura”, sempre pronta ad usare violenza, sopraffazione e devastazione per esprimere il proprio personale concetto di democrazia. Ma torniamo ai Fratelli Govoni, erano sette come i più noti e compianti Fratelli Cervi, ma la loro terribile fine non ha mai avuto nessun riconoscimento storico, forse perché sono stati massacrati dai gloriosi partigiani rossi.
Dino, Emo, Augusto, Marino, Giuseppe, Primo e Ida Govoni sono stati assassinati dopo il 25 aprile 1945, quando già le autorità legittime avevano impartito l’ordine di rispettare i nemici. La loro colpa è stata quella di aver avuto “rapporti di cordialità ed ospitalità” con alcuni militi del fascio (di cui però non esistono prove) e per un paio di loro di aver risposto alla chiamata doverosa della R.S.I.Due, non tutti e sette. Due, non la madre di un bimbo di due mesi, com’era Ida Govoni che stava allattando il suo bambino, quando venne portata via. I Govoni erano originari di Pieve di Cento, a metà strada fra Bologna e Ferrara, nell’immediato periodo del dopo-liberazione in questa zona i “prelevati” furono 128, persone normali portate via e fatte sparire in fosse comuni.Nella macabra fossa di Argelato, sono stati rinvenuti diciassette cadaveri buttati alla rinfusa con un metro di terra addosso. Di questi sette erano i fratelli Govoni.Di diciassette solo uno porta segni di pallottole. Gli altri hanno tutti ossa spezzate e il cranio fracassato a colpi d’ascia, ossia prima torturati e poi ammazzati (non riesco nemmeno ad immaginare le sevizie che subì Ida Govoni).
Il primogenito si chiamava Dino, un artigiano falegname che si era iscritto al Partito fascista repubblichino, comportandosi sempre correttamente, tanto che nessuno, a guerra finita, aveva levato contro di lui la minima accusa. Dopo Dino veniva Marino era coniugato e aveva una figlia. Combattente d’Africa, aveva aderito dopo l’8 settembre alla R.S.I. Contro di lui non pendevano accuse di sorta. Veniva poi Emo, artigiano falegname che non aveva aderito alla R.S.I. e che non si era mai mosso dal paese. Viveva in casa con i genitori. Giuseppe, coniugato da poco tempo, faceva il contadino ed abitava nella casa paterna. Nemmeno lui era iscritto al P.F.R. Quando lo uccisero, era diventato padre da tre mesi. I sesto e il settimo dei fratelli Govoni erano Augusto e Primo, ambedue ancora celibi, contadini, e vivevano con i genitori. Non si erano mai interessati di politica. L’ultima nata si chiamava Ida,e aveva 20 anni. Si era sposata da un anno ed era diventata mamma solo da due mesi. Né lei né suo marito avevano aderito alla R.S.I.Si salvò solo la terzogenita Maria solo perché i partigiani non riuscirono a rintracciarla.
Per quest’orrendo crimine ci fu un processo che si concluse con quattro condanne all’ergastolo, la giustizia non poté fare il suo corso perché gli assassini “rossi”, così come in altri casi ( e come hanno continuato a fare), fuggirono oltre cortina e di loro si perse ogni traccia; successivamente, il crimine fu coperto da amnistia (ecco il vero motivo dell’amnistia!) e i carnefici ritornarono con tutti gli onori, a casa. Ancora adesso dopo 60 anni quegli assassini non hanno pagato per le loro colpe, né legalmente, né moralmente, né storicamente. E la vicenda dei fratelli Govoni che gettava una gran brutta luce sula “resistenza” fu censurata, una vicenda che va raccontata e divulgata, e non solo per dare alla loro morte iniqua, il sacrosanto risalto, ma per smascherare le menzogne che da 60 anni avvelenano il clima politico del nostro Paese.
Needle

13 commenti:

  1. Divulgare, come ?
    Non temerei di riportare sul forum del Legno Storto questo tuo post, ma dovresti darmene il consenso.
    Oppure potresti iscriverti direttamente al Legno e proporre tu stessa alla lettura queste tue parole.
    Vedi tu, Needle.
    Questo il link del Legno Storto :
    http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1

    RispondiElimina
  2. Needle,
    conoscevo parzialmente questa storia, ma non tutti i particolari che hai fornito.
    E' per me come un tonico corroborante, che da impulso e forza a quel mio essere anticomunista innato. Anticomunismo che si contrappone al becerismo di sinistrorsi comunisti che si sentono moralmente superiori (e di molto!) alla destra.

    RispondiElimina
  3. Ti posso assicurare che di questa storia, il sottoscritto ne sa ancora ed ha utilizzato spesso questi martiri nelle diatribe con i comunisti che scrivevano solamente dei Cervi ( anche su LS, per dire ).
    La differenza con quelli, sta nel fatto che gente come il sottoscritto MAI ha negato fosse avvenuto il fatto, dei Cervi intendo, mentre quello dei Govoni e di Fanin a poche decine di km di distanza, hanno sempre cercato di nasconderne le responsabilità.
    L'altra differenza, non di poco conto, sta nel fatto che questi fatti da me ricordati, sono avvenuti dopo la COSIDDETTA LIBERAZIONE, non durante la guerra, nè la Dittatura, nè durante la guerra civile.

    Buona serata.

    p.s. Per chi non lo sa, io sono di Cento di Ferrara, diviso da Pieve dal fiume Reno.

    RispondiElimina
  4. Purtroppo continuano ad esserci morti di serie A e morti di serie B.
    Solo Pansa sta facendo venire alla luce questi crimini e vediamo come viene trattato e gli va dato merito di quel coraggio, seppur tardivo, che sta dimostrando

    RispondiElimina
  5. Luchy,
    ho il piacere di parlare con un ferrarese doc. E di Cento, per giunta, una delle città più rosse d'Italia. Eppure, pur sapendo del colore prettamente "rosso" di questa provincia, io l'ho spesso cantata nel mio blog, da vero innamorato della città e della sua provincia. Cantata, ripeto, non semplicemente descritta. Ma c'è una cosa che nuoce un pò alla vostra fama di città dell'arte e dell'accoglienza: è quella specie di fama mangiapreti, o di comunismo strenuo che aleggia su di voi. E' un vero piacere, quindi, constatare che in quella terra vi sono persone che la pensano diversamente da quella che sembra essere una constatazione fatta dalla maggioranza degli italiani: che Ferrara è la città rossa per eccellenza.
    Per dimostrare il contrario agli italiani, dovreste far conoscere meglio anche il martirio subito dai diciassette martiri di Argelato, sette dei quali sono i fratelli Govoni.
    Per fortuna mia, un caro amico di Milano, che la pensa come me su temi politici, è un ferrarese doc di Copparo; un altro è di Codigoro.
    Un caro saluto a Ferrara.

    RispondiElimina
  6. Cento non è una città rossa, Ferrara sì, si è scoperta rossa alla fine della guerra, più comunista che socialista. Così come la maggior parte delle città dell’Emilia-Romagna che erano le più nere del fascio, d’Italia.

    A Cento, da quando Berlusconi è entrato in politica, mi pare abbia delle amministrazioni di centrodestra : mi pare che per 2 volte vi sia stato eletto un sindaco di emanazione di FI, un imprenditore del legno la cui famiglia ricordo da allora, quando ci abitavo.

    Io e la mia famiglia, venimmo via a Bologna nell’ottobre del ’60, avevo 14 anni e ci sono ancora, anche se ho abitato in Romagna per 6 anni.

    Non so se voteranno il 6-7 giugno, a Bologna si e spero si riesca ad andare al ballottaggio perché se questo avviene, chissà che non si riesca a fare la sorpresa come 10 anni fa.

    Ho ancora parenti ed amici a Cento e in tutti i paesi che ci sono da quelle parti, ad esempio sia a Pieve che a Castello d’Argile dove nacque mia madre e dove nel cimitero c’è, assieme a lei, sia mio padre che il fratello che non ho mai conosciuto, morto prima che nascesse mia sorella e poi, io.

    Mi sorella si è trasferita, con la famiglia, ad Argelato, qualche km da lì c’è un piccolo agglomerato che si chiama Volta Reno ed è a 2 km da Castello d’Argile, dove abitano alcuni parenti da parte di mio padre.

    Credo di avere ancora qualche parente, ma ormai non ne sono sicuro, a San Giorgio di Piano, a 7-8 km da Pieve e Cento.

    Buonanotte.

    RispondiElimina
  7. Lucky,
    mi fa piacere apprendere della tua precisazione su Cento, che non è una città rossa. E mi fa piacere doppiamente perchè due amici della mia età giovanile, una gentile e delicata coppietta di marito e moglie, erano di Cento. Erano arrivatia Milano da Cento per dirigere una azienda litografica, una cooperativa estremamente rossa, sull'orlo della bancarotta. Col tempo ne divennero i proprietari unici di fatto. Allora io vendevo carta da stampa. Erano tempi molto più duri degli attuali (anni '70) e io provenivo dalla gavetta. Questo loro lo sapevano, ed è perciò che forse mi presero in grande simpatia, dimostratami con elargizione privilegiata di ordinativi. Ti confesso che ora, a trent'anni di distanza, ho di loro un gran bel ricordo, pur sapendo, già d'allora, che essi (forse?)avevano idee politiche estremamente opposte alle mie; e se non era così, dissimulavano egregiamente quel loro essere rossi.
    Cento era stata in quegli anni, e forse lo è ancora, un importante centro nazionale, e forse europeo, per la produzione di maglie di lana, fatta su larga scala, coinvolgendo le casalinghe di tutto il paese (sconfessami se non è vero). E la moglie di quel mio cliente-amico litografo la trovavo spesso intenta a lavorare di maglia, durante le pause di lavoro come contabile aziendale.
    "At salut".

    p.s.
    ho notato che hai citato Ferrara come città romagnola, incorrendo così anche tu nell'errore per il quale sono stato redarguito da ferraresi, quando ebbi scritto che il dialetto ferrarese è un dialetto romagnolo.

    RispondiElimina
  8. Non mi pare di aver citato Ferrara come città della Romagna : ho scritto di aver vissuto in Romagna alcuni anni, non a Ferrara.
    Ti dirò una "chicca" : io sono stato concepito a Ferrara, all'Ospedale Sant'Anna perchè mio padre era lì ricoverato con la tubercolosi e mia madre era in "visita" con permesso dell'amministrazione allora vigente, la Sanità USA al termine della guerra.

    Ecco, con Ferrara questa è l'unica occasione di "contatto" avuto.

    Piuttosto : non conosco la cosa delle maglie di lana a Cento, mi dispiace che mia madre non vi sia più per chiedere lumi, perchè ricordo che lei faceva la camiciaia per prendere qualche lira con questo lavoro, dato che mio padre aveva i problemi di salute e lavorare nisba.
    Addirittura gli tolsero un polmone per farlo vivere, nel '52, ma solo nel '58 gli riconobbero la malattia come "residuo di guerra" e utile per la pensione di grande invalido di 1° categoria.

    Non è che quella coppia aveva interessi del genere a Carpi in provincia di Modena ?
    Quella sì è una zona dedicata.

    Ciao.

    RispondiElimina
  9. Lucky,
    c'è stato un qui pro quo, da parte mia, a proposito di Ferrara e Romagna.
    Devi sapere che conosco Ferrara e il ferrarese solo attraverso i romanzi di Bacchelli e Bassani. A proposito di quest'ultimo, in un suo racconto ho letto dell'ospedale S.Anna.
    Di quella coppia, so che, dopo il fallimento della loro azienda di Milano, tornarono a Cento. O, come tu mi fai dubitare, forse a Carpi; perchè, a ben pensarci, è o è stata Carpi e non Cento la capitale europea della maglia fatta a mano. Cosa poi fecero non so. Il ritorno avvenne alla fine degli anni '70.
    Presumo che la signora, della quale penso di ricordare ancora il nome, sia tornata a fare la maestra magliaia.

    p.s. Il post è tuo o di Needle? Perchè sto andando un pò in confusione.

    RispondiElimina
  10. E' un bell'articolo, a cui mi permetto di aggiungere un rapido commento.
    Sui fratelli Cervi va ricordato come questi aiutassero la fuga di prigionieri di guerra, il che è grave reato in ogni Stato, di fatto alto tradimento e lesa maestà.
    Inoltre, quando i militari giunsero per arrestarli, i Cervi risposero aprendo il fuoco ed impegnando una sparatoria.
    Al di là dell'aspetto umano della vicenda, resta il fatto che i Cervi avevano compiuti atti per cui, in qualunque Stato allora in guerra, sarebbero stati condannati secondo le norme della legge marziale.
    Questo non si può dire dei fratelli Govoni.

    RispondiElimina
  11. Marco,
    grazie per queste annotazioni, non da poco, che ancora non conoscevo.

    RispondiElimina
  12. qualcuno conosce la storia dell'attentato alla casa del fascio di argelato avvenuto il 08/08/1944 nel quale morirono diverse persone?

    RispondiElimina
  13. Onore a questi eroi veri.non come le merde togliatti e pertini che hanno coperto con 'aministia' questi topi di fogna usciti a combattere a guerra finita

    RispondiElimina