venerdì 14 agosto 2009

Il saluto romano

Il celeberrimo “saluto romano”, compiuto alzando il braccio destro teso o leggermente piegato, e mostrando la palma, diffusosi prima nell’Italia fascista, poi, con alcune varianti, in molti altri paesi autoritati dell’epoca, come la Germania, la Spagna, la Grecia, ed ancora oggi adoperato negli ambienti di destra, ha un’origine controversa.
La sua adozione da parte del fascismo avvenne per imitazione del saluto militare compiuto dai legionari fiumani del D’Annunzio. Il Vate, uomo di notevole cultura ed amante della classicità, presentava tale gesto quale, appunto, la forma di saluto degli antichi Romani. Non è però affatto chiaro da quali testi il poeta abruzzese avesse tratto tale idea.
In verità, gli storici non concordano sull’esistenza in epoca romana di una tale forma di saluto, perlomeno codificato dalle norme militari per i legionari o dai mores per i semplici Quiriti. Esistono fonti sia letterarie, sia iconografiche, che documentano l’esistenza di determinate forme di saluto, tuttavia bisogna interpretarle correttamente e collocarle negli specifici contesti sociali d’uso.
L’esistenza di un “saluto militare” formalizzato appare altamente probabile sulla base di alcuni passi, come di uno del De bello africo dello Pseudo-Cesare, in cui si accenna ad una salutatio more militari. Però, brani dal contenuto analogo si rintracciano, ad esempio, nel De bello civili, nella Vitae Cesarum di Svetonio, in Flavio Giuseppe ed altri autori ancora, quale Publilio Siro.
Secondo molti storici il saluto romano "classico", quello ripreso dal Fascismo, esisteva sicuramente nel periodo delle Guerre Puniche, ed era praticato, (Carocci, Storia completa della Romanità nel regime fascista, Garzanti, 1999), con il braccio destro teso all'altezza del volto. Un altro studioso, il Rome ha proposto una variante molto interessante, testimoniata da alcuni autori minori, Publilio Siro, nella Roma di Cesare. La leggenda la vuole introdotta da Mario. Avveniva così, come avete visto: il pugno destro sul cuore, e poi il braccio allungato, sempre all'altezza del volto.
Esistono numerose attestazioni di una simile forma di saluto. la famosa statua dell'Arringatore del Trasimeno la celeberrima statua dell'Augusto di Prima Porta; l’altrettanto celebre stata equestre di Marco Aurelio in Campidoglio. Alcuni storici anglosassoni ritengono che il monumento equestre di Marco Aurelio, in origine posizionato dove ora sorge la Basilica lateranense e quindi di fronte alla caserma degli equites singulares, stesse a significare il sovrano che rispondeva al saluto militare che il reparto gli stava facendo La Colonna Traiana raffigura invece una salutatio imperatoria da parte delle legioni, nella quale i milites salutano tutti insieme il principe alzando il braccio destro non esteso completamente. Una gesto praticamente identico compare in un rilievo funerario di Efeso del II secolo d.C., in cui il defunto, un militare, saluta il proprio superiore con braccio proteso in avanti ed un poco piegato, palma rivolta verso il comandante, tutte le dita unite tranne il pollice allargato. Inoltre, anche alcune raffigurazioni su monete rappresentano la stessa scena. Ancora, Giuseppe Flavio nel suo De bello iudaico segnala come i legionari, acclamando il loro comandante, alzassero tre volte il braccio destro.
Altri storici hanno però fanno notare come esista una discrepanza tra i gesti raffigurati nelle opere figurative suddette, in quanto nelle tre statue sopra ricordate, a differenza della Colonna Traianea e di alcune monete, il gesto ritratto non veda la mano interamente distesa, ma soltanto l’indice, sollevato verso l’alto, mentre le altre dita sono di solito leggermente piegate verso il basso. Questo, assieme ad altri fattori, ha indotto alcuni studiosi a ritenere che questo gesto sia quello dell’adlocutio, con cui un oratore si rivolge al suo pubblico iniziando il discorso, e non un vero e proprio saluto militare.
Altri ancora hanno proposto altre forme alternative di saluto militare, rispettivamente l’alzare la mano sull’alto verso l’elmo, in maniera analoga al saluto militare contemporaneo (documentato da due rilievi, fra cui celebre quello di Domizio Enobarbo) ed il portare la mano destra a pugno chiuso sul cuore.
Inoltre, non mancano storici che dubitano dell’esistenza di un autentico saluto militare codificato in epoca romana, ed interpretano i vari gesti sopra segnalati, tranne l’adlocutio che però era propria dell’orator, quali espressioni informali, analoghe al cenno di saluto che ancora oggi in Occidente, ed altrove, si compie verso un amico alzando un braccio.
Un discorso a parte deve essere fatto per il cosiddetto “saluto gladiatorio”, compiuto stringendosi gli avambracci, che è ritenuto essere l’equivalente della stretta di mano oggi diffusa, e che era il saluto informale e cameratesco dei legionari, (oppure dei gladiatori?), e dei semplici vires.
A modestissimo parere del sottoscritto, la frequenza con cui l’iconografia segnala il salus iuvare con il braccio destro alzato e la palma rivolta innanzi a sé, in concordanza con le testimonianze di testi letterari su una specifica salutatio fra legionari, induce a ritenere che un gesto molto simile all’attuale “saluto romano” esistesse effettivamente, perlomeno in ambito militare. La continuità di tali attestazioni nel corso dei secoli ed in periodi differenti, dalla repubblica all’impero, costituisce un’ulteriore convalida di tale ipotesi.Prove certe e definitive della veridicità di tale teoria non esistono, tuttavia tale ipotesi appare quale la lectio probabilior fra le diverse contrastanti.

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