domenica 16 agosto 2009

Il terrorismo slavo in Venezia Giulia

IL TERRORISMO SLAVO IN VENEZIA GIULIA
Come attesta, fra gli altri, Almerigo Apollonio nel studio “La Venezia Giulia dagli Asburgo a Mussolini”, se l’unione con l’Italia fu accolta con grande favore dagli Italiani, maggioranza assoluta nella regione, presso la minoranza slava non si ebbe inizialmente né adesione, né ostilità, ma piuttosto uno stato di attesa, comunque non mosso da animosità contro il nuovo governo. Anzi, l’attività di soccorso delle popolazioni stremate dalla guerra e dalla fama, da parte dell’esercito italiano fu altamente apprezzato anche da Sloveni e Croati.
La situazione cambiò ben presto non è per l’operato italiano, bensì per quello jugoslavo (l’Apollonio su questo punto è chiarissimo). Il governo jugoslavo costituì delle organizzazioni segrete, aventi basi sul proprio suolo, ma ramificate anche inVenezia Giulia, dedite all’agitazione ed alla propaganda contro l’Italia e gli Italiani. La loro attività fece sì che buona parte della popolazione slava, in precedenza non ostile, lo divenisse invece nei confronti del nuovo stato di cui faceva parte. Infatti, sin dall’immediato dopoguerra, il governo jugoslavo sostenne l’azione di terroristi slavi dediti all’assassinio in territorio giulio-veneto.


Una breve valutazione dell’entità del terrorismo slavo in Venezia Giulia può essere dato dal seguente elenco, largamente incompleto, delle loro operazioni:Nel periodo 1920-1922 si hanno le seguenti azioni omicide ad opera dei terroristi slavi:-assassini del maresciallo della Guardia di Finanza, Postiglione, della guardia regia Giuffrida, del finanziere Plutino, del carabiniere Cecchin, della guardia regia Poldu, del tenente Spanò e del sergente Sessa, avvenuti a Trieste-assassinio del finanziere Stanganelli avvenuto a Postumiaassassinio del brigadiere dei Carabinieri Ferrara avvenuto a Pola -assassinio del soldato Palmerindo avvenuto a CarnizzaA partire dal 1924, risoltosi formalmente il contenzioso italo-jugoslavo, lo stato jugoslavo pratica una politica di doppiezza, formalmente ed ufficialmente riconoscendo il confine pattuito, di nascosto appoggiando e finanziando altri gruppi terroristici. I quali sono responsabili delle seguenti azioni:-attacco militare ai posti della Guardia di Finanza di Coterdasnizza e di Molini.-assalto compiuto da una banda di una ventina di armati, provenienti da oltre confine, attaccarono il corpo di guardia del valico confinario di Unez, uccidendone il comandante, il sottobrigadiere Lorenzo Greco.-Nell'aprile del 1926 fu attaccata a scopo di rapina la stazione ferroviaria di Prestrane, con uccisioni del ferroviere Ugo Dal Fiume e la guardia di finanza Domenico Tempesta.-Nel mese di luglio 1926 fu appiccato il fuoco ad un bosco del comune di Trieste-nel novembre 1926 avvenne un attentato dinamitardo alla caserma di San Pietro del Carso, con la morte di Antonio Chersevan, mentre rimasero gravemente feriti Francesco Caucich ed Emilio Crali.-Nella notte del 10 febbraio 1927, nelle vicinanze del castello di Raunach vi fu un'imboscata ad una pattuglia militare, con sparatoria in cui rimasero feriti Andrea Sluga e Francesco Rovina.-Nel maggio 1927 fu tesa, sulla strada tra Postumia e San Pietro del Carso, un'altra imboscata ad una di queste pattuglie, ed in essa rimase ferito il soldanto Cicimbri -il 29 dicembre del 1927 di quell'anno fu incendiato il Ricreatorio di Prosecco.-Nell'aprile del 1928, ancora a Prosecco, fu incendiata la scuola elementare, -nel maggio dello stesso anno fu incendiata quella di Cattinara e fu tentato l'incendio dell'asilo infantile dell'Opera Nazionale Italia Redenta di Tolmino.-Il 3 agosto 1928 ebbe luogo l’assassinio a tradimento della guardia municipale di San Canziano, Giuseppe Cerquenik.-nello stesso mese fu incendiato il ricreatorio della Lega Nazionale di Prosecco, -ai primi di settembre del 1928 fu incendiata la scuola di Storie-il 22 settembre 1928, a Gorizia, furono uccisi lo studente Coghelli ed il soldato Ventin che aveva cercato di fermare l'assassino del Coghelli.-Nel gennaio 1929 si ebbe la devastazione dell'asilo infantile di Fontana del Conte, -nel marzo 1929 ci fu l'assassinio, a Vermo, di Francesco Tuchtan. -Nel giugno 1929, si ebbe l'incendio della scuola di Smogliani, --nel luglio 1929 fu fatta saltare in aria la polveriera di Prosecco -nel novembre 1929 avvenne la rapina all'ufficio postale di Ranziano -nel dicembre 1929 si ebbero i tentati omicidi dell'agente Curet a S. Dorligo della Valle e della guardia Francesco Fonda.-nel gennaio 1930 vi fu l'attentato al Faro della Vittoria a Trieste, -in febbraio fu incendiato l'asilo infantile di Corgnale -sempre a febbraio fu assassinato a Cruscevie il messo comunale Goffredo Blasina.-Il 10 febbraio ci fu l'attentato dinamitardo al Popolo di Trieste, in cui morì lo stenografo Guido Neri, mentre rimasero gravemente feriti i correttori di bozze Dante Apollonio, Giuseppe Missori ed il fattorino Marcelle Bolle.-Nel maggio del 1930 furono assassinati a San Dorligo della Valle i coniugi Marangoni-nei primi giorni del settembre 1920, in uno scontro a fuoco con dei terroristi sloveni che cercavano d'introdursi in regione, fu uccisa la guardia alla frontiera Romano Moise e il suo commilitone, Giuseppe Caminada, fu gravemente ferito.Si noti come questo elenco sia approssimato per difetto, sebbene presenti un bilancio impressionante per numero di azioni terroristiche e loro gravità. Ciò che rende particolarmente gravi le azioni suddette è il fatto che esse non furono opera di gruppo clandestini indipendenti, bensì di organizzazioni terroristiche create, controllate ed organizzate dallo stato jugoslavo stesso. Lo stato jugo-slavo perseguiva una politica di doppiezza, da una parte riconoscendo ufficialmente la frontiera ottenuta dall’Italia, dall’altra costituendo dei nuclei armati terroristici, che avevano le loro sedi in territorio jugo-slavo ed erano organizzate, addestrate, armate, guidate dall’esercito jugo-slavo. L’impiego di simili strumenti non erano nuovo allo stato jugo-slavo, il quale ereditava una tradizione già propria di quello serbo, che si era servito anch’esso di organizzazioni terroristiche (“Mano Nera” e “Mano Bianca”) per combattere la presenza asburgica in Bosnia-Erzegovina.Le associazioni terroristiche jugo-slave, che prendevano il nome di “Tigr” e “Barba”, malgrado avessero il loro impianto strutturale in Jugo-slavia e fossero costituite per lo più da jugo-slavi, pure avevano naturalmente anche ramificazioni in Venezia Giulia, ed ivi svolgevano con l’appoggio dei loro sodali anche un’intensa propaganda anti-italiana, affiancata agli atti terroristici. Il terrorismo jugo-slavo in Venezia Giulia, oltre alla sua intrinseca gravità, consente di meglio comprendere ciò che realmente accadde in quella che i nazionalisti slavi presentano come “persecuzione fascista”.L’incendio dell’hotel Balkan, presentato da alcuni come il massimo atto di violenza fascista contro gli Slavi in Venezia Giulia, ebbe invece come responsabili i terroristi jugo-slavi. Il 13 luglio del 1920, in seguito alle violenze anti-italiane degli Jugo-slavi in Dalmazia, i fascisti organizzarono un comizio a Trieste. Un Italiano, Giovanni Nini, che aveva preso parte alla manifestazione ed aveva gridato frasi che sostenevano l’italianità della Dalmazia, fu accoltellato a morte da ignoti, con ogni verosimiglianza Slavi, date le circostanze. Un gruppo di fascisti si diresse allora verso il Narodni Dom, ma lo trovò circondato da oltre 400 militari Italiani, armati e schierati, e fu costretto ad arrestarsi. Però, dalle finestre del Narodni Dom piovvero addosso ai militari Italiani bombe a mano e partirono fucilate. I militari, vistosi aggrediti, si difesero aprendo il fuoco contro l’edificio. L’incendio scoppiò in seguito all’esplosione di munizioni ed esplosivi ivi contenuti, essendo il Narodni Dom sede di una organizzazione militare clandestina organizzata dallo stato jugoslavo per compiere attentati, violenze ed attività propagandistica in Venezia Giulia. Furono proprio i successivi scoppi delle armi contenute, del tutto illegalmente, nel Narodni Dom ad impedire ai vigili del fuoco ivi accorsi di spegnere l’incendio. Questa è la vera vicenda di ciò che viene presentato dai nazionalisti Sloveni stessi quale l’apice e la massima espressione dell’ “oppressione fascista” degli Slavi residenti in territorio italiano. Non si trattò di una “aggressione fascista” contro un “centro culturale”, bensì di un conflitto a fuoco fra un reparto dell’esercito regolare italiano ed un gruppo di terroristi jugo-slavi annidati all’interno dell’edificio, che avevano scagliato bombe a mano ed esploso colpi contro i militari. E’ da rimarcare come l’incendio del “Narodni Dom”, giudicato quale l’apice delle “violenze fasciste”, sia stato in realtà l’esito di uno scontro fra militari italiani, aggrediti, e terroristi jugo-slavi, aggressori.

Violenze fasciste certamente vi furono in Venezia Giulia, come in tutto il resto d’Italia, però posteriori alla violenze anti-italiane in Dalmazia ed in Venezia Giulia nel 1918-1920, per non parlare di quelle del periodo asburgico, cosicché viene a cadere la teoria cara alla sinistra comunista secondo cui le foibe e l’esodo sarebbero state una reazione alle “violenze fasciste” stesse. La verità è quella opposta: gli atti di violenza del fascismo in Venezia Giulia (neppure lontanamente paragonabili comunque all’operato dei titini) furono in risposta alle violenze terroristiche organizzate e dirette dallo stato jugoslavo. Inoltre, non si giunse mai alla costituzione di reparti para-militari, organizzati, armati ed addestrati dall’esercito, diretti ad essere impiegati sul territorio nazionale jugoslavo per compiere atti di terrorismo, quel che invece fece la Jugoslavia. Lo stato jugoslavo fu quello che, con una terminologia contemporanea, sarebbe definito uno “stato canaglia”, uno “stato terrorista”. Appartiene quindi alla Jugoslavia la responsabilità di certe violenze, (analoghe d’altronde a quelle che al principio degli anni ’20 interessarono il resto dell’Italia e buona parte dell’Europa), poiché fu la costituzione e l’attività di organizzazioni segrete e gruppi terroristici ad opera di Belgrado e dediti a sobillare gli Slavi della Venezia Giulia a mettere fuoco ad un panorama etnico sino a quel momento sostanzialmente tranquillo.
Si noti comunque che, a prescindere da tali scontri, comunque di ben modesta entità e che coinvolsero un numero ridotto di membri delle diverse comunità etniche, i rapporti fra Italiani e Slavi in Venezia Giulia continuarono ad essere sostanzialmente pacifici e cordiale anche durante il periodo fascista.
Gli stessi fascisti non erano di solito oggetto di odio dagli Sloveni o dai Croati ivi residenti, quanto di una certa indifferenza, né si deve trascurare il fenomeno, minoritario ma di non piccole dimensioni, del cosiddetto “fascismo slavo”, ovvero di Slavi giulio-veneti che avevano aderito convintamente al movimento fascista stesso.

5 commenti:

  1. mi dispiace dirlo ma questo testo cerca in modo imbarazzante di fare del revisionismo su fattti storici noti e certificati. Mettere sullo stesso piano i crimini compiuti dai fascisti (che erano programmati e pianificati su scala nazionale contro tutti gli "oppositori" del regime) e quelli (sporadici) di alcunni militanti sloveni e croati e come minimo aberrante e anti-storico. Con questo non e' assolutamente in mia intenzione minimilizzare o occultare le azioni illegali (e criminali) compiute da certi personaggi della resistenza. Quindi, per concludere, basta con questa faziosita' nell' elencare e analizzare certi avvenimenti che, ripeto, sono cerificati e documentati. Un cordiale saluto.

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  2. Anonimo
    quali sarebbero i crimini compiuti dai fascisti nelle nostre terre della Venezia Giulia, Istria e Dalmazia?
    forse alludi al riprendere quello che gli slavi, con il beneplacito degli asburgo, leggi ceccobebbe, avevano tolto con la forza agli italiani durante il risorgimento.
    Sappi che quelle zone nella fascia costiera erano abitate in stragrande maggioranza da italiani discendenti dei veneziani della Serenissima, gli slavi furono importati dal suddetto imperatore, proprio con lo scopo di taglieggiare gli italiani e gli istrorumeni anch'essi presenti dal 1400. Questo nel periodo del risorgimento.
    Il governo fascista riconobbe un'autonomia culturale agli istrorumeni che avevano scuole nella loro lingua.Tra le due guerre ci fu un riequilibrio ridando in parte il maltolto agli italiani, ma dopo l'8 settembre del 1943, bande criminali di partigiani comunisti titini ed italiani, infierirono sulla popolazione inerme ed assassinarono migliaia di persone per il solo fatto che erano italiani.
    Chi ti scrive, seppur piccolo allora, ricorda quei momenti. Aberrante ed antistorico è il negazionismo che subito dopo la guerra fecero i cosidetti governi "democratici",negazionismo che perdura tuttora.
    Sarà meglio che la storia e le certificazioni tu le chieda a quegli italiani che, come la famiglia materna del sottoscritto, abitavano in quelle zone fin dalla repubblica veneta.
    saluti
    Marcello

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  3. Noti e certificati da chi?
    Anche i bilanci di Cirio, Parmalat e tantissimi altri erano certificati.

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  4. Rispondendo all'anonimo.
    Come fai a parlare di "fatti sporadici di alcuni militanti sloveni"? Ma la conosci la storia? Lo sai che gli Sloveni e i Croati, grazie a Tito, hanno cacciato dalla loro terra oltre trecentomila italiani? E poi perchè ti lamenti del revisionismo? Ti sembra logico aver occultato la storia del confine orientale italiano per oltre 50 anni?
    Se gli storici italiani sono stati per tanto tempo ignoranti (ed asserviti)era inevitabile che poi dovesse esserci il recupero di questo vuoto della storia. Poichè questo è un grave vizio del processo di ricostruzione della storia, come avviene nel processo giudiziario quando un solo vizio inquina tutto il processo, così nella ricostruzione storica, questa grave omissione ci fa capire che la nostra storia ufficiale è piena di travisamenti e manipolazioni. Saluti
    Enrico

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  5. Gli slavi non erano in gamba con il coltello. Infatti l'uccisore di Giovanni Nini era un collaboratore di Francesco Giunta. L'avvocato senza clienti era uno dei tanti regnicoli trasferito a Trieste proprio per distruggere una pacifica convivenza che esisteva da secoli.
    D'altra parte quando il fascista Luigi Morara è stato assassinato dall'ennesimo regnicolo (un disoccupato venuto da Benevento) nessuno ha detto niente perchè il fascismo era già al potere. Se Vittorio Emanuele III avesse avuto la dignità di rispettare il padre senza rinnegarlo (ha persino graziato il suo assassino) una realtà complicata come la Venezia Giulia si sarebbe sviluppata in maniera indolore senza le palle al piede regnicole.

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