Con l'Editto di Milano l'Imperatore riconosce «ai cristiani e a tutti gli altri» la libertà di seguire la propria religione. Dal culto al dio Sole alla conversione al cristianesimo.
Intervista di Emanuele Boffi
Due editti: l'editto di Serdica del 311, firmato da Galerio; l'editto di Milano del 313, opera di Costantino. In mezzo un evento misterioso e sconvolgente: la conversione di Costantino e la sua vittoriosa battaglia a Ponte Milvio il 28 ottobre del 312. Un fatto capitale che apre le porte della società romana ai cristiani, fino ad allora formalmente discriminati, anzi perseguibili e sanguinosamente perseguitati. Due editti che centrano lo stesso tema, la tolleranza religiosa verso quegli irriducibili seguaci di Cristo, ma con parole molto diverse: Galerio concede a denti stretti la libertà ai discepoli di Gesù, Costantino scolpisce il principio della «libertas Ecclesiae», con un salto in avanti vertiginoso. Marta Sordi, già professore ordinario di Storia greca e romana alla Cattolica, s'interroga da molto tempo su quella singolare concentrazione di avvenimenti che hanno sconvolto la storia dell'Occidente: «L'editto di Serdica afferma che i cristiani hanno sbagliato, ma che l'imperatore concede loro il perdono, anche perché Galerio era malato, aveva paura di morire e sperava di ingraziarsi il Dio dei cristiani. Costantino invece definisce il confine insuperabile dell'azione di Cesare, sottolineando il valore della coscienza».
La distinzione dei piani
Dice proprio così Costantino: «Ut daremus et christianis et omnibus liberam potestam sequendi religionem quam quisque voluisset». La Sordi traduce il passo: «Per dare ai cristiani e a tutti gli altri il potere di seguire la religione che ciascuno vorrà». Dove già quel «christianis», accanto a «omnibus», a tutti gli altri, indica che i cristiani, i seguaci di Gesù, erano stati un osso duro, durissimo, una fonte di conflittualità permanente per trecento anni: dunque garantire la libertà a loro voleva dire misurare fino in fondo la profondità della parola libertà, riconoscere lo spazio inalienabile della coscienza e porre le basi della futura civiltà occidentale, basata sulla distinzione dei piani: Dio, da una parte, e Cesare, dall'altra, e sull'esaltazione dell'io. Con quel passo, Costantino non solo riconosce la «libertas Ecclesiae», ma la libertà di ciascun essere umano. E infatti la Sordi si affretta a leggere un altro passaggio dell'editto: quello in cui l'imperatore spiega che ciascuno potrà seguire la religione più adatta alla propria coscienza. Testuale: «Qui... ei religioni mentem suam dederet quam ipse sibi aptissimam esse sentiret».
Insomma, il legame con il Dio cristiano porta a definire la sfera della coscienza e questa conquista, da lì in poi, varrà per tutti: «christianis» e «omnibus».
In mezzo c'è la battaglia di Ponte Milvio, il sogno misterioso di Costantino; prima secoli e secoli di storia romana che, secondo la studiosa, preparano l'avvenimento, nutrono, come si nutre un bambino che diventa uomo, la parola libertà, formano la cultura su cui s'innesterà quel repentino cambiamento.
La visione di Costantino
Che cosa avviene il 28 ottobre del 312? Eusebio di Cesarea e Lattanzio descrivono la visione che provocò la conversione dell'imperatore, ma la Sordi preferisce privilegiare un panegirico pagano del 313. «È molto interessante, perché l'autore dice che Costantino ha avuto l'appoggio di un dio supremo che non viene mai nominato, di cui nemmeno si sa il nome, che l'ha fatto prevalere sul rivale Massenzio. Per me questo significa che la cultura pagana del tempo registrò come qualcosa di eccezionale: un'esperienza forse mistica, certo qualcosa che portò Costantino ad abbracciare la religione di Cristo e a chiudere definitivamente la porta agli dei del Campidoglio».
Insomma, quel giorno capita qualcosa di particolare riassunto con la visione in cui Costantino vede sul Sole la croce vittoriosa di Cristo. «Certo, la conversione di Costantino fu anzitutto quella dell'imperatore che si era convinto della verità del Dio cristiano e della forza del cristianesimo, prima ancora che quella dell'uomo toccato nel cuore, ma questo non significa che Costantino avesse fatto un qualche calcolo politico o militare o comunque puramente umano e nemmeno che coltivasse l'ambizione di sfruttare l'altare per rafforzare il trono. La verità è che a quell'epoca i cristiani erano ancora una minoranza, specie a Roma, e che il potere culturale era nelle mani dei pagani. Dunque, Costantino non sposò la convenienza, ma semmai intuì in qualche modo la forza anche sociale e culturale del cristianesimo e soprattutto si convinse che il Dio cristiano era non solo il più forte, ma l'unico».
La vittoria di Ponte Milvio
Il percorso seguito dall'imperatore, per la professoressa, è chiaro: Roma non aveva mai amato la divinizzazione del potere temporale; gli stessi imperatori spesso rifiutavano i sacrifici in loro onore; insomma certi modelli orientali in Italia e in Occidente non funzionavano del tutto. Roma non amava gli abbracci soffocanti fra sacro e profano. «Ma questo - riprende la Sordi - non significa che i romani non fossero religiosi: per essi la religione era il fondamento dello Stato, la cui forza poggiava sull'aiuto divino e sull'alleanza con la divinità (pax deorum). [...]
In questa situazione molto aperta ed elastica arriva il cristianesimo. Certamente la più irriducibile, la più incomprensibile, la più rivoluzionaria delle religioni. E infatti è l'unica a non essere «sdoganata». «I cristiani adoravano un Dio non riconosciuto dallo Stato e che escludeva tutti gli dei dell'impero. Di qui l'accusa di ateismo e l'ostilità di una larga parte dell'opinione pubblica, che impedì fino a Gallieno (260 d.C.) ogni riconoscimento».
Dopo l'ultima persecuzione, quella di Diocleziano continuata in Oriente da Galerio fino al 311, avvenne il riconoscimento pieno del cosiddetto Editto di Milano: «Sulla linea del padre Costanzo Cloro - osserva la Sordi - Costantino era un seguace del culto solare che vedeva nel Sole, onnisciente e onnipotente, il "summus deus" dai molti nomi. La visione riferita da Eusebio nella "Vita di Costantino" e il sogno riferito da Lattanzio indussero Costantino a riconoscere nel dio dai molti nomi l'unico Dio cristiano e a superare lo stesso culto solare, cercando nell'alleanza con il Dio cristiano la salvezza dell'impero. Il diritto della divinità di essere adorata come vuole fonda così nell'Editto la libertà del singolo di adorare il Dio a cui liberamente la sua coscienza si volge». Vince a Ponte Milvio mettendo la croce sugli scudi, si converte, scrive l'editto di Milano. E così nel 313 la libertà viene sancita per tutti: «christianis et omnibus».
Fonte
Intervista di Emanuele Boffi
Due editti: l'editto di Serdica del 311, firmato da Galerio; l'editto di Milano del 313, opera di Costantino. In mezzo un evento misterioso e sconvolgente: la conversione di Costantino e la sua vittoriosa battaglia a Ponte Milvio il 28 ottobre del 312. Un fatto capitale che apre le porte della società romana ai cristiani, fino ad allora formalmente discriminati, anzi perseguibili e sanguinosamente perseguitati. Due editti che centrano lo stesso tema, la tolleranza religiosa verso quegli irriducibili seguaci di Cristo, ma con parole molto diverse: Galerio concede a denti stretti la libertà ai discepoli di Gesù, Costantino scolpisce il principio della «libertas Ecclesiae», con un salto in avanti vertiginoso. Marta Sordi, già professore ordinario di Storia greca e romana alla Cattolica, s'interroga da molto tempo su quella singolare concentrazione di avvenimenti che hanno sconvolto la storia dell'Occidente: «L'editto di Serdica afferma che i cristiani hanno sbagliato, ma che l'imperatore concede loro il perdono, anche perché Galerio era malato, aveva paura di morire e sperava di ingraziarsi il Dio dei cristiani. Costantino invece definisce il confine insuperabile dell'azione di Cesare, sottolineando il valore della coscienza».
La distinzione dei piani
Dice proprio così Costantino: «Ut daremus et christianis et omnibus liberam potestam sequendi religionem quam quisque voluisset». La Sordi traduce il passo: «Per dare ai cristiani e a tutti gli altri il potere di seguire la religione che ciascuno vorrà». Dove già quel «christianis», accanto a «omnibus», a tutti gli altri, indica che i cristiani, i seguaci di Gesù, erano stati un osso duro, durissimo, una fonte di conflittualità permanente per trecento anni: dunque garantire la libertà a loro voleva dire misurare fino in fondo la profondità della parola libertà, riconoscere lo spazio inalienabile della coscienza e porre le basi della futura civiltà occidentale, basata sulla distinzione dei piani: Dio, da una parte, e Cesare, dall'altra, e sull'esaltazione dell'io. Con quel passo, Costantino non solo riconosce la «libertas Ecclesiae», ma la libertà di ciascun essere umano. E infatti la Sordi si affretta a leggere un altro passaggio dell'editto: quello in cui l'imperatore spiega che ciascuno potrà seguire la religione più adatta alla propria coscienza. Testuale: «Qui... ei religioni mentem suam dederet quam ipse sibi aptissimam esse sentiret».
Insomma, il legame con il Dio cristiano porta a definire la sfera della coscienza e questa conquista, da lì in poi, varrà per tutti: «christianis» e «omnibus».
In mezzo c'è la battaglia di Ponte Milvio, il sogno misterioso di Costantino; prima secoli e secoli di storia romana che, secondo la studiosa, preparano l'avvenimento, nutrono, come si nutre un bambino che diventa uomo, la parola libertà, formano la cultura su cui s'innesterà quel repentino cambiamento.
La visione di Costantino
Che cosa avviene il 28 ottobre del 312? Eusebio di Cesarea e Lattanzio descrivono la visione che provocò la conversione dell'imperatore, ma la Sordi preferisce privilegiare un panegirico pagano del 313. «È molto interessante, perché l'autore dice che Costantino ha avuto l'appoggio di un dio supremo che non viene mai nominato, di cui nemmeno si sa il nome, che l'ha fatto prevalere sul rivale Massenzio. Per me questo significa che la cultura pagana del tempo registrò come qualcosa di eccezionale: un'esperienza forse mistica, certo qualcosa che portò Costantino ad abbracciare la religione di Cristo e a chiudere definitivamente la porta agli dei del Campidoglio».
Insomma, quel giorno capita qualcosa di particolare riassunto con la visione in cui Costantino vede sul Sole la croce vittoriosa di Cristo. «Certo, la conversione di Costantino fu anzitutto quella dell'imperatore che si era convinto della verità del Dio cristiano e della forza del cristianesimo, prima ancora che quella dell'uomo toccato nel cuore, ma questo non significa che Costantino avesse fatto un qualche calcolo politico o militare o comunque puramente umano e nemmeno che coltivasse l'ambizione di sfruttare l'altare per rafforzare il trono. La verità è che a quell'epoca i cristiani erano ancora una minoranza, specie a Roma, e che il potere culturale era nelle mani dei pagani. Dunque, Costantino non sposò la convenienza, ma semmai intuì in qualche modo la forza anche sociale e culturale del cristianesimo e soprattutto si convinse che il Dio cristiano era non solo il più forte, ma l'unico».
La vittoria di Ponte Milvio
Il percorso seguito dall'imperatore, per la professoressa, è chiaro: Roma non aveva mai amato la divinizzazione del potere temporale; gli stessi imperatori spesso rifiutavano i sacrifici in loro onore; insomma certi modelli orientali in Italia e in Occidente non funzionavano del tutto. Roma non amava gli abbracci soffocanti fra sacro e profano. «Ma questo - riprende la Sordi - non significa che i romani non fossero religiosi: per essi la religione era il fondamento dello Stato, la cui forza poggiava sull'aiuto divino e sull'alleanza con la divinità (pax deorum). [...]
In questa situazione molto aperta ed elastica arriva il cristianesimo. Certamente la più irriducibile, la più incomprensibile, la più rivoluzionaria delle religioni. E infatti è l'unica a non essere «sdoganata». «I cristiani adoravano un Dio non riconosciuto dallo Stato e che escludeva tutti gli dei dell'impero. Di qui l'accusa di ateismo e l'ostilità di una larga parte dell'opinione pubblica, che impedì fino a Gallieno (260 d.C.) ogni riconoscimento».
Dopo l'ultima persecuzione, quella di Diocleziano continuata in Oriente da Galerio fino al 311, avvenne il riconoscimento pieno del cosiddetto Editto di Milano: «Sulla linea del padre Costanzo Cloro - osserva la Sordi - Costantino era un seguace del culto solare che vedeva nel Sole, onnisciente e onnipotente, il "summus deus" dai molti nomi. La visione riferita da Eusebio nella "Vita di Costantino" e il sogno riferito da Lattanzio indussero Costantino a riconoscere nel dio dai molti nomi l'unico Dio cristiano e a superare lo stesso culto solare, cercando nell'alleanza con il Dio cristiano la salvezza dell'impero. Il diritto della divinità di essere adorata come vuole fonda così nell'Editto la libertà del singolo di adorare il Dio a cui liberamente la sua coscienza si volge». Vince a Ponte Milvio mettendo la croce sugli scudi, si converte, scrive l'editto di Milano. E così nel 313 la libertà viene sancita per tutti: «christianis et omnibus».
Fonte
E così nel 313 la libertà viene sancita per tutti: «christianis et omnibus».
RispondiEliminaHo come la triste impressione che si stia percorrendo il cammino di ritorno per la chiusura di un cerchio; torneremo a prima del 313 ?
Che Dio ci aiuti.
Se dobbiamo dare credito a G.B. Vico
RispondiEliminatemo proprio sì e neanche tra troppo tempo.
Marcello